Venezia 20 luglio 2022 – “Ci troviamo in un momento particolarmente dedicato per quanto riguarda la carenza di acqua. L’Italia tutta è ormai sull’orlo dello stato di emergenza per la siccità. Una situazione davvero grave, da ogni lato. Ma la scarsità delle piogge sembra non essere l’unica responsabile di tale situazione. A incidere sulla carenza d’acqua sono anche le perdite degli acquedotti: il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) ha stimato nei giorni scorsi che il 41% della quota di acqua a uso civile sia dispersa dalle reti”. A lanciare l’allarme ’emergenza idrica’ e a suggerire strategie di intervento è il consigliere regionale Giulio Centenaro, dell’intergruppo lega-Liga veneta. Il primo problema da affrontare, per Centenaro, è la dispersione nella rete idrica: “Facendo due calcoli, ogni 5 litri immessi nell’acquedotto, 2 litri non arrivano al rubinetto e finiscono dispersi nel sottosuolo diventando così irrecuperabili – ragiona l’esponente leghista padovano – Per affrontare il problema della dispersione dell’acqua dagli acquedotti, il Pnrr prevede uno stanziamento valutabile sui 900 milioni di euro. Oltre alla dispersione dell’acqua potabile negli acquedotti, si pone anche il problema dell’acqua negli invasi idrici, che a causa della scarsità di pioggia faticano a riempirsi. In questo periodo così grave di emergenza siccità, in molti invocano anche la possibilità di mettere in funzione dei dissalatori per desalinizzare acqua di mare o acque variamente salmastre, rendendo così disponibile l’acqua “filtrata” ad uso delle attività umane: una soluzione concreta e realistica per soddisfare almeno parte della sete di acqua dolce a livello planetario. Il ricorso all’acqua desalinizzata è una pratica molto in uso nei paesi del Medio Oriente, Giappone, Israele, Paesi Arabi, Egitto, Cipro, e paesi turistici come le Maldive ad esempio, della costa mediterranea e in Africa. In quelle aree, che rappresentano contesti economicamente sviluppati e ricchi, sono infatti concentrati la gran parte dei circa 16.000 impianti di dissalazione disseminati per il mondo”.
Una proposta che – ragiona Centenaro – presenta vantaggi e rischi: “Il consumo pro capite di acqua è pari a 628.000 litri d’acqua l’anno per ogni singolo abitante della Terra: il 70% va nella produzione di cibo, il 20% per le produzioni industriali o manufatturiere, il 10% per tutte le attività domestiche, cittadine, sociali, ludiche. A livello globale, a fronte dei 95 milioni di metri cubi di acqua dolce filtrata negli impianti di desalinizzazione, si registrano ben 142 milioni di metri cubi di salamoia ipersalina al giorno come esito di lavorazione. In un anno la salamoia prodotta sarebbe sufficiente a coprire mezza Italia sotto 30 centimetri di melma caustica, definibile alla stregua di scorie industriali pericolose. La salamoia smaltita in mare altera la salinità dell’acqua in prossimità delle coste con il rischio di compromissione dell’ambiente marino. L’altra faccia della medaglia è rappresentata dalle diverse opportunità economiche per la salamoia: può essere usata per irrigare specie tolleranti al sale, per esempio, e in acquacoltura; dalla melma si potrebbero inoltre recuperare sali, metalli e altri elementi in percentuali significative, come magnesio, gesso, cloruro di sodio, di calcio, di potassio, di bromo, di litio. Inoltre, le nuove tecnologie hanno migliorato l’efficienza dei dispositivi di dissalazione dell’acqua marina, riciclando l’energia termica persa nelle varie fasi di procedimento”.
“Il Governo è al lavoro per rispondere all’emergenza idrica che sta colpendo l’Italia – prosegue Centenaro – ma punta prevalentemente su misure di water saving ed efficientamento delle infrastrutture idriche. La produzione di acqua dissalata in Italia vale oggi appena lo 0,1% del prelievo di acqua dolce. Eppure con il processo di desalinizzazione sarebbe possibile rendere potabile l’acqua di mare: peccato chema nella recente Legge “Salvamare”, approvata l’11 maggio scorso, tale soluzione non solo non venga promossa, ma sembri essere penalizzata da un percorso complesso dell’iter autorizzativo. Invece andrebbero considerati i vantaggi ambientali della dissalazione in termini di sostenibilità nel lungo periodo. Le rinnovabili oggi più usate per la dissalazione sono solare ed eolico, a volte combinate tra loro e con fonti tradizionali per assicurare continuità di funzionamento all’impianto. Lo sviluppo dei dissalatori è stato finora limitato a impianti di dimensioni medio-piccole, che si trovano prevalentemente in Sicilia, Toscana e Lazio, già esistenti da tempo. Invito governo e autorità competenti a riprendere in considerazione il grande potenziale della dissalazione – conclude il consigliere – grazie al perfezionamento dei processi e allo sviluppo dei materiali: basti pensare che le zone aride, dove i dissalatori sono più usati, sono anche quelle con il maggior irraggiamento solare, e quindi più adatte al fotovoltaico”.