Venezia, 15 novembre 2021 – “La comunità internazionale non può accettare e non può non reagire davanti al pericolo che i diritti conquistati dalle donne afghane in questi vent’anni vengano cancellati di prepotenza dai talebani: perderebbero dignità e autonomia, tornando nel buio dell’oscurantismo medioevale, con rischi non solo per i loro diritti ma per le loro stesse vite”.
Con queste parole la presidente della Sesta Commissione in Consiglio regionale, Francesca Scatto, dell’Intergruppo Lega – Liga Veneta, ha presentato all’aula la mozione che è stata approvata all’unanimità.
Tra pochi giorni, il 25 novembre, ricorre è la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne – ha ricordato Scatto – e questa mozione è stata presentata dalle donne per tutelare le donne”. Le prime, sono le consigliere regionali dell’Intergruppo Lega – Liga Veneta che con lei hanno presentato la mozione, le seconde sono quelle afghane che con i talebani al potere sono tornate a vivere paura e terrore. Un’iniziativa tutt’altro che simbolica, che ha visto la sottoscrizione di tutti i colleghi dell’Intergruppo e che impegna la giunta regionale “Ad attivarsi presso il Governo affinché vengano intraprese tutte le iniziative possibili volte a promuovere una forte azione internazionale in difesa dei diritti delle donne Afghane in collaborazione con organizzazioni umanitarie internazionali”.
“Dopo quasi tre mesi della presa di Kabul – prosegue la presidente della Commissione Cultura – le attiviste di RAWA (Associazione Rivoluzionaria delle Donne Afghane) continuano a guidare la resistenza contro il dominio talebano, su L’Espresso leggiamo le loro parole: «Ci vogliono seppellire. Ma denunciare il regime è un dovere». Ed è solo di una settimana fa la notizia dell’uccisione dell’attivista, docente di economia, Frozan Safi, 29 anni, irriconoscibile perché massacrata insieme ad altre tre donne, a colpi di arma da fuoco.
“Difendere i diritti delle donne afghane è un banco di prova per ogni democrazia – ha spiegato la prima firmataria della mozione – con cui si mette in gioco la propria credibilità, identità e dignità. Non possiamo batterci per difendere i diritti delle donne all’interno dei nostri confini ed accettare in silenzio la brutale violazione di quelli delle donne afghane, sarebbe una vergognosa contraddizione. È necessario che il nostro Paese prosegua nelle azioni di cooperazione e sostegno per la difesa dei diritti umani promosse dalla Comunità internazionale, tra cui l’operato delle Nazioni Unite nell’ambito della missione di assistenza in Afghanistan (UNAMA), dell’Alto Commissariato per i diritti umani (OHCHR), nonché i progetti di sviluppo sostenuti da Banca Mondiale e gli aiuti economici erogati dall’Unione Europea”.
“Le donne di Kabul temono per le loro stesse vite. I talebani hanno iniziato da subito ad imporre numerose restrizioni, le più comuni riguardano la proibizione di uscire da casa senza essere accompagnate da parenti maschi e l’obbligo di indossare il burqa, che copre l’intero corpo femminile dalla testa ai piedi”.
“Secondo Al Jazeera, il principale media in lingua araba del mondo, da quando i talebani hanno ripreso il potere, le donne che hanno provato a criticare il nuovo regime o a non seguire le regole imposte sono state umiliate o picchiate pubblicamente, persino uccise. Impiegate di banche o di altri uffici costrette a lasciare il luogo di lavoro con la raccomandazione di non tornarci più”.
La Sharia, si legge nella mozione, la legge religiosa con cui vogliono governare i talebani, vincola ogni musulmano, a prescindere dalla appartenenza al territorio, “ed obbliga dunque le donne afghane a rispettarne i precetti, in quanto musulmane, ovunque si trovino. Quante troveranno asilo e protezione internazionale in Europa, resteranno soggette alla legge islamica anche nel contesto normativo occidentale. Questo elemento sposta anche il terreno di battaglia della tutela dei diritti delle donne oltre i confini dell’Afghanistan”.
“La scelta delle democrazie, la nostra scelta – conclude Scatto – è se credere alle bugie di moderazione dei dittatori perseguendo una realpolitik che sacrifichi i diritti umani o batterci per trasformare questi diritti in un’arma di pressione su questi regimi”.